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Celebriamo l’8 marzo con la storia della cooperativa sociale Cooperprint, che lo Studio assiste fin dalla sua fondazione. Cooperprint nasce a fine 2020 da un’operazione di workers buyout, cioè la rigenerazione di un’impresa realizzato mediante l’acquisto da parte di alcuni lavoratori dell’impresa stessa. È una storia di reale solidarietà, dato che il 50% dei dipendenti appartiene a categorie svantaggiate. Non solo, ma Cooperprint è anche un bellissimo inno alla vera parità di genere ed alla capacità manageriale delle donne: le socie fondatrici, Monica, Rita e Manuela, sono tre donne e donne sono anche il 60% dei dipendenti eD il 100% (!) del consiglio di amministrazione. Visitando la sede di Pregnana, situata all’interno della Casa della Solidarietà, si può toccare con mano il grande affiatamento che regna tra loro e i dipendenti e l’aria di creatività e voglia di fare che si respira in ogni angolo della cooperativa.

 

Le fondatrici di Cooperprint. Da sinistra: Manuela, Rita e Monica

 

“La nostra storia- ci raccontano- parte in realtà da lontano, per esattezza dal 1990, quando viene fondata la cooperativa sociale GPII. Con il tempo GPII ha strutturato due rami d’azienda, sostanzialmente separati tra loro: il ramo dell’assemblaggio e quello della stampa e della copisteria, il ramo dove da anni eravamo impegnate. Negli ultimi anni la stessa Cooperativa era in una fase di difficoltà, che con l’avvento del covid è diventata di vera e propria crisi e si pensava di chiudere il ramo Tipografia/Copisteria, lasciando senza occupazione i dipendenti (compresi gli svantaggiati) di quest’ultimo. Ma noi non volevamo arrenderci e così è nata l’idea dell’acquisizione del ramo d’azienda: non potevamo far morire una realtà presente da anni sul territorio e socialmente importante, una realtà in cui avevamo sempre creduto, in cui continuavamo a credere e che rappresentava un pezzo della nostra vita e di quella dei lavoratori! Ora sembra facile a dirsi e a farsi; tutt’altro! Ci guardavano come se fossimo matte, ma siamo andate avanti, nonostante lo sforzo economico enorme e le notti insonni a pensare. Come se non bastasse, appena completato il workers buyout è arrivata la seconda ondata della pandemia, quindi niente eventi per cui stampare volantini o manifesti e tutto il materiale conseguente. Nel frattempo il nostro vecchio tipografo ha raggiunto l’età della pensione e il tipografo assunto in sua sostituzione ci ha abbandonato da un giorno con l’altro. Ma anche in questo caso siamo andate avanti. In autunno siamo state costrette ad acquistare la macchina per la stampa digitale e da novembre le cose stanno andando meglio. Infatti abbiamo in cantiere due nuovi progetti davvero forti…”