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Dopo vari rinvii il 15 luglio 2022 è entrato definitivamente in vigore il Codice della Crisi. Va in soffitta la vecchia legge fallimentare e con essa un approccio liquidatorio alla crisi d’impresa. La scelta di far emergere tempestivamente lo stato di crisi, per cercare di risolverla in modo non traumatico salvaguardando la continuità aziendale, è destinata, tuttavia, ad impattare significativamente sulla vita delle imprese, di tutte le imprese, sebbene in modo diverso a seconda delle dimensioni aziendali. Basti pensare all’obbligo generalizzato di dotarsi di adeguati assetti organizzativi, amministrativi e contabili, idonei a permettere l’emersione anticipata della crisi, ma anche ad evitare o limitare le responsabilità dell’imprenditore. L’esperienza, maturata anche grazie alla pluriennale collaborazione dei professionisti dello Studio con la Sezione Fallimentare del Tribunale di Milano, insegna che di fronte ad una situazione di squilibrio economico e finanziario, magari dissimulata da artifici contabili, l’inerzia può determinare un aggravamento del dissesto di cui l’imprenditore può essere chiamato a rispondere. Inoltre, se un operatore accede alla composizione negoziata della crisi, chiedendo la nomina dell’esperto indipendente e magari anche delle misure protettive, il tema assume interesse anche per le imprese che saranno coinvolte nelle eventuali trattative. Il Codice infatti prevede che tutte le parti coinvolte hanno il dovere di collaborare lealmente ed in modo sollecito con l’imprenditore e l’esperto.