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Il contributo che le aziende possono dare per favorire nei giovani scelte professionali e di studio consapevoli è determinante. Eppure permane un notevole distacco tra il sistema delle imprese e quello della formazione.

Una prima ragione è da ricercare nella visione dell’orientamento come attività istituzionale delle scuole, che vede il coinvolgimento delle imprese su base volontaria e facoltativa. Ciò spiega la scarsa efficacia delle azioni messe in campo, pur con fatica ed impegno, per individuare adeguati percorsi di orientamento nelle scuole di ogni ordine e grado. Le imprese dunque devono avere un ruolo più centrale in questo percorso di orientamento, che d’altra parte le stesse linee guida del ministero definiscono come “il processo volto a  facilitare non solo la conoscenza di sé ma anche del contesto occupazionale, sociale ed economico di riferimento”. Per farlo, per comprendere le trasformazioni che stiamo vivendo e che impattano sulle professioni di oggi e di domani occorre alimentare una rete territoriale e quindi non si può prescindere dal contributo delle imprese, sia individualmente che in forma aggregata, delle associazioni di categoria e dei relativi centri studi. Maggiore è il livello di conoscenza e consapevolezza di questo contesto più facile e mirata è la scelta professionale e formativa a qualsiasi livello. Conoscere per decidere, qualcuno diceva.

Gli imprenditori lamentano anche un peggioramento negli ultimi anni della qualità della formazione tecnica e professionale, tanto che la distanza tra sistema formativo e imprese è inserita ai primi posti tra i fattori che frenano la competitività del paese. È utile comprendere l’origine del mismatch di competenze. Negli ultimi 25 anni il  sistema manifatturiero ha subito una forte evoluzione come reazione ad alcuni shock esterni, in primis la concorrenza asimmetrica dei paesi emergenti, in particolare asiatici. Basti pensare che tra il 1995 e il 2010 l’industria ha perso 470 mila occupati, l’80% dei quali nel solo settore del tessile-abbigliamento- calzature, spiazzato proprio dai prodotti e più basso valore unitario provenienti da questi paesi. L’industria ha saputo reagire spostandosi sempre più dai settori tradizionali a quelli più avanzati e differenziati. Per esempio nel settore delle macchine e apparecchi  e dei prodotti in metallo la crescita è stata impressionante. Di fronte a questo processo di modernizzazione ed evoluzione tecnologica delle produzioni, l’offerta formativa non si è allineata in maniera adeguataIn Germania , la patria del sistema duale, la disoccupazione giovanile è sotto al 6% perché le imprese sono perno della formazione e co-progettano le attività di apprendimento. Come avviene negli ITS Academy italiani che però hanno numeri ancora di nicchia. In ogni caso, per le imprese manifatturiere il modello didattico proposto dai centri di formazione professionale (sul nostro territorio abbiamo delle vere e proprie eccellenze come i Salesiani di Arese) in  cui alle imprese si chiede un coinvolgimento attivo nella didattica, non è formazione di serie B ma anzi è un modello da valorizzare. Si registra un progressivo declino, tra i giovani, del valore sociale del lavoro manuale e una della ragioni è che i giovani conoscono ben poco dell’industria. Al termine industria molti giovani associano i termini obsoleto e sfruttamento. L’Italia è il secondo paese manifatturiero in Europa, ma, evidentemente, serve un modo nuovo di raccontarlo, partendo dalle scuole. Sotto questo profilo si può comprendere quanto sia importante il contributo delle imprese nell’attività di orientamento, per fornire elementi di conoscenza sull’industria di oggi, perché la conoscenza facilita la scelta.

Si stima che saranno necessari tra il 2023 e il 2026 quattro milioni di lavoratori con competenze green di alto e medio profilo. Esistono analisi provenienti da vari ambiti che possono essere di grade ausilio nell’attività di orientamento e prima ancora nell’aggiornamento dell’offerta formativa. Bisogna trovare luoghi di confronto e condivisione. Serve dunque a monte un maggior raccordo fra sistema produttivo e formativo, più organico e sistematico. Una proposta che è stata fatta in altri ambiti e che si può riproporre su questo tema così importante, è quella di istituire un osservatorio che possa offrire occasioni permanenti di condivisione di dati e analisi, attingendo dalle fonti già disponibili. L’osservatorio potrà aiutare a comprendere le trasformazioni che stiamo vivendo e che impattano sulle professioni di oggi e di domani, ed  essere così di supporto all’aggiornamento dell’offerta formativa e alla scelta del percorso di studi e professionale più adeguato alle proprie attitudini, ma anche al contesto di riferimento.   

Giancarlo Muliari