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Pepe Carnevale, il visionario della porta accanto

 

Con Giuseppe Carnevale, per tutti Pepe, bastano poche parole e capisci di trovarti di fronte ad un vulcano pieno di entusiasmo. Come tutti i vulcani, quando ti parla delle sue idee con il pensiero è già rivolto al futuro: il presente, per lui, è già roba vecchia. Come Studio Muliari abbiamo la fortuna di conoscere ad assistere professionalmente Pepe da tanti anni. La sua storia però parte dagli inizi degli anni Novanta, ed è sempre stata contraddistinta da visione imprenditoriale e passione, passione per il lavoro e soprattutto per le sfide. Il suo è un lungo cammino, quasi mai lineare, che lo ha portato oggi ad essere protagonista di un grande progetto a fianco di GreenIT, la joint venture tra Eni e Cassa Depositi e Prestiti per la produzione di energia da fonti rinnovabili.

GLI INIZI

Ad inizio anni Novanta, dopo la laurea in ingegneria gestionale, Pepe dimostra subito la sua vocazione e, con un socio, fonda un’azienda: si chiama Autocarica ed è 15 anni avanti rispetto al suo tempo. Troppo. “Autocarica era una sorta di BlaBlaCar ante litteram- racconta Pepe- L’idea era mettere in contatto chi veniva in auto a Milano, formando quelle che chiamavano le ‘coppie gemelle’. Il problema  era che praticamente internet non esisteva ancora, non era diffuso”. Questo battesimo del fuoco non spaventa Pepe, che a margine di questa prima esperienza imprenditoriale vola negli States come assistent manager per un’azienda che isolava i tetti dei capannoni industriali. Tornato in Italia, viene assunto dalla Dow Chemical, azienda chimica americana da 50 miliardi di dollari di fatturato presente nel nostro Paese fin dal 1960. Alla Dow Pepe percorre tutti i gradini della carriera aziendale: da semplice venditore a project manager dei business più importanti.

LA SVOLTA

Negli anni alla Dow Pepe si appassiona al mondo dell’eolico e si imbatte nella Blade Dynamics, una start up con l’idea di costruire pale eoliche in modo innovativo. E qui torna ad emergere in maniera prepotente la vocazione per le sfide e l’istinto imprenditoriale: molla la sua redditizia e sicura posizione alla Dow per andare a fare il CEO di una start up. Sotto la sua guida, la Blade cresce e viene acquistata dalla General Electric. Nel frattempo Pepe ha conosciuto Henrik Stiesdal, responsabile tecnologico della Siemens, un vero e proprio genio scandinavo, che a 17 anni si costruì da solo una turbina eolica a due passi da casa e che nella sua vita può vantare oltre 100 brevetti tecnologici. Quando Henrik va in pensione fonda una società che produce piattaforme galleggianti e Pepe ne diviene socio. Qui comincia l’ultimo tratto di strada, quello che porta fino ad oggi.

L’ACCORDO CON ENI e CDP

Nel 2017 Pepe è ad una fiera di settore a Bari, per presentare l’ultima tecnologia prodotta con Henrik. L’occasione è propizia per un altro degli incontri che gli cambiano la vita, quello con Luigi Severini, che da anni sta cercando di realizzare pale eoliche in Italia, scontrandosi perennemente con la burocrazia. I due decidono di unire le forze e danno vita ad una società con l’obiettivo, molto ambizioso, di costruire il primo parco eolico offshore (cioè quei parchi eolici costruiti sulla superficie di specchi d’acqua) in Italia. Si tratta di un progetto da centinaia di milioni di euro e servono dunque soci con grandi disponibilità, che Pepe e Severini trovano nel 2020 nella CIP (Copenaghen Infrastructure Partners), fondo di investimento danese, a cui poi si aggiungerà nel 2022 la GreenIT. Ora, non solo a livello figurato, sono pronti a navigare in mare aperto.

IL PROGETTO

“I progetti a cui lavoriamo prevedono la realizzazione di due parchi eolici offshore galleggianti in Sicilia e Sardegna, entrambi posizionati ad oltre 30 km dalla costa, per una capacità complessiva di circa 750MW. Quello in Sicilia, al largo di Marsala, sarebbe costituito da 21 turbine e da una capacità totale di circa 250 MW; quello in Sardegna, nella zona sud-occidentale dell’isola, da 42 turbine e da una capacità complessiva di 504 MW. Lo Stato ora deve definire il decreto per regolamentare l’asta che assegnerà i megawatt, cioè le capacità produttive. Noi comunque non siamo certo in una fase di attesa passiva. Abbiamo condotto gli studi di fattibilità e prove (attraverso sonde e tecnologie innovative) sul campo, assai dispendiose economicamente, per verificare la sicurezza del fondale marino, che non verrà danneggiato, e la riduzione ai minimi termini dell’impatto ambientale”.